Il Ministro dell’Istruzione Marco Bussetti e il Ministro dell’Ambiente Sergio Costa hanno firmato un Piano Nazionale grazie al quale nelle scuole di ogni ordine e grado si dovrà insegnare l’educazione ambientale.

Abbiamo rivolto alcune domande sull’argomento ad Antonella Landi, professoressa di Lettere diventata famosa per il blog “Profe, mi giustifico!”, diventato poi un libro per la casa editrice Mondadori con cui ha pubblicato anche “Storia (parecchio alternativa) della letteratura italiana” e “Tutta colpa dei genitori. La versione della profe”.

Intervista ad Antonella Landi, sull’introduzione della materia Educazione Ambientale nelle scuole d’infanzia, primarie e secondarie.

Antonella, cosa ne pensa di introdurre l’educazione ambientale nelle scuole?

Sono da sempre molto sensibile al tema dell’ambiente e molto spesso mi trovo, durante le lezioni ai miei studenti, a imbastire digressioni indagando sulle loro abitudini in termini di risparmio idrico o di raccolta differenziata dei rifiuti. Caldeggio le iniziative che a scuola vengono prese di tanto in tanto, come organizzare una spedizione al mare per pulire le spiagge o una camminata lungo i nostri fiumi per contribuire al controllo dell’alveo. Istintivamente, pertanto, mi viene da rispondere con entusiasmo a questa prospettiva. Poi, però, subentra la riflessione da docente e mi chiedo: come riusciremo a incastrare una nuova materia nei già affollatissimi programmi previsti dal Ministero? Ma qui si aprirebbe una parentesi di considerazioni troppo vaste e cervellotiche, per cui lascio che a rispondere sia la me stessa ambientalista e (a patto che i contenuti e le attività da proporre in classe siano ben studiati, all’altezza delle intelligenze giovanili e non mortificanti per loro) mi schiero entusiasta dalla parte del sì.

Qual è la sua percezione riguardo alla sensibilità delle ragazze e dei ragazzi nei confronti di questa tematica?

In passato mi capitava spesso di restare stupefatta di fronte all’ignoranza giovanile sui problemi dell’ambiente. Abitudini che per me già allora erano scontate e consolidate apparivano ai loro occhi curiose, atipiche, stravaganti. Adesso questo mi capita meno: i ragazzi per fortuna sono meno disinformati su questo tema, probabilmente sono cambiati certi vecchi comportamenti familiari, se ne sente parlare molto di più sia in televisione che in Rete (luogo -quest’ultimo- ricchissimo di informazioni, per chi abbia voglia di cercarle e approfondirle), e la scuola stessa ha imparato a pianificare numerose attività che aiutano i ragazzi a cogliere l’urgenza di tali tematiche. Quello che di certo noto nei giovani è una sensibilità particolare, per cui a un’adeguata informazione essi rispondono sempre con un’attenzione che coinvolge il loro sentimento.

Normalmente la questione ambientale viene affrontata da un punto di vista scientifico. Crede che anche le materie umanistiche, partendo dalla letteratura, abbiano qualcosa da dire a riguardo?

Questa domanda mi fa tornare alla mente la tesina che un mio ex alunno realizzò per l’esame di maturità: effettuò una ricerca dettagliatissima su tutti i fiori e le piante citati dai poeti e lo fece diacronicamente, attraversando il panorama letterario italiano dalle origini al Novecento. Fu un lavoro eccelso e originale. E mi fa anche ricordare un’altra tesina, che mescolava la musica allo studio delle piante e che prendeva spunto da Botanica, il progetto scientifico e musicale realizzato dai Deproducers con la preziosa collaborazione di Stefano Mancuso, docente universitario e massimo esperto del linguaggio delle piante. Credo che affrontare la questione ambientale dal punto di vista letterario sia non solo possibile, ma anche profondamente affascinante.

Il climatologo Luca Mercalli, nel corso di una precedente intervista(1), ci ha detto che è importante sensibilizzare le nuove generazioni, ma al tempo stesso non dobbiamo trasmettere loro responsabilità che sono invece nostre. C’è il rischio che il tono “moralizzatore” faccia allontanare l’attenzione dei ragazzi?

Guai ad atteggiarsi a moralizzatori coi ragazzi: significa perderli all’istante. Oltretutto le colpe dello stato in cui versa l’ambiente, come Mercalli giustamente sottolinea, non sono certo da attribuire a loro. Le colpe sono tutte nostre, sono -per dirla con Primo Levi- dei “padri”. Ai giovani, quindi, va chiesto con onestà un aiuto concreto per rimediare a errori che noi abbiamo commesso, soprattutto nell’ultimo secolo. Io nutro profonda fiducia nei confronti delle nuove generazioni e sono certa che saranno loro a fare molti passi indietro rispetto a scelte criminali che sono state compiute a danno del nostro pianeta.